Il processo sulle auto rubate e riciclate a Taranto si è chiuso con due condanne e diverse assoluzioni. L’indagine, avviata dopo un’operazione della polizia stradale del 2020, ha riguardato episodi di alterazione dei dati identificativi e di reimmatricolazione di veicoli di provenienza illecita.
I fatti risalgono al periodo tra il 2017 e il 2019. Gli investigatori hanno ricostruito un sistema basato sulla “falsa nazionalizzazione”, che prevedeva la modifica dei numeri di telaio e l’uso di documenti esteri falsi per ottenere nuove targhe italiane.
Metodo della falsa nazionalizzazione e controlli sui veicoli
Gli inquirenti hanno scoperto che alcuni veicoli di fascia medio-alta riportavano codici identificativi alterati. Chi gestiva l’operazione inseriva numeri di telaio appartenenti a vetture circolanti in altri Paesi dell’Unione Europea. In seguito, presentava certificati esteri falsificati agli uffici dedicati alle immatricolazioni.
I controlli tecnici hanno evidenziato irregolarità in varie pratiche. Questo ha permesso di ricostruire il percorso dei mezzi e di individuare le manomissioni eseguite prima della reimmatricolazione in Italia.
La decisione del Tribunale e gli esiti del dibattimento
Il Tribunale ha escluso l’accusa di associazione a delinquere perché non ha trovato riscontri sufficienti. Alcune posizioni hanno ottenuto l’assoluzione totale. Per due imputati, invece, i giudici hanno riconosciuto la responsabilità in episodi di ricettazione.
Le condanne riguardano singoli casi di gestione di veicoli alterati. Il Collegio ha disposto anche l’interdizione dai pubblici uffici, con durata differente in base alla pena stabilita. Le parti possono presentare impugnazione nelle sedi previste.
Prospettive future e attività di monitoraggio
Le autorità continueranno a controllare eventuali reimmatricolazioni sospette. Il fenomeno delle auto rubate e riciclate a Taranto resta sotto osservazione, così come gli scambi illeciti che coinvolgono documenti e veicoli provenienti dall’estero.










