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Lavoro nero a Taranto: 40enne ottiene giustizia dopo 20 anni di sfruttamento

sentenza su caso di lavoro nero a Taranto

Taranto – Dopo vent’anni di lavoro in nero e cinque anni di battaglie legali, una donna tarantina di 40 anni ha ottenuto giustizia con una sentenza esemplare del Tribunale del Lavoro. La vicenda, che coinvolge un’attività della Litoranea Salentina e l’INPS, si è conclusa con un risarcimento superiore ai 150mila euro. La parola chiave principale “lavoro nero” ricorre più volte per sottolineare la gravità del fenomeno nel Mezzogiorno.

Lavoro nero: due decenni senza diritti in un panificio della Litoranea

La storia ha inizio nel 2001, quando la donna, allora ancora minorenne, ha cominciato a lavorare in un bar-panificio situato lungo la Litoranea Salentina. Per quasi vent’anni ha svolto mansioni continuative senza mai ricevere un contratto regolare, senza contributi, ferie o riposi. I ritmi erano estenuanti, spesso notturni e con carichi di lavoro che superavano ampiamente le 40 ore settimanali previste dai contratti collettivi.

Nonostante la speranza, mai sopita, di una regolarizzazione, la situazione è peggiorata nel tempo, in particolare nei mesi estivi, quando l’afflusso turistico intensificava i turni. Nel 2020, dopo anni di silenzi e soprusi, la lavoratrice ha deciso di denunciare, supportata legalmente dall’avvocato Andrea Cipriani del foro di Taranto.

La sentenza del Tribunale di Taranto: risarcimento e contributi INPS

Il Tribunale di Taranto ha accolto pienamente il ricorso presentato, riconoscendo non solo la responsabilità della titolare dell’attività, ma anche la necessità di coinvolgere l’INPS per il versamento dei contributi previdenziali non corrisposti.

La sentenza prevede un risarcimento complessivo superiore a 150mila euro, comprensivo di differenze retributive non percepite, versamenti contributivi e trattamento di fine rapporto. «Un risultato che rappresenta un segnale importante nella lotta al lavoro nero, ancora troppo diffuso nei piccoli centri della provincia», ha dichiarato il legale Cipriani.

Il pronunciamento assume particolare rilevanza simbolica, giungendo a pochi giorni dalla Festa dei Lavoratori, evidenziando l’importanza di azioni legali concrete contro pratiche occupazionali irregolari.

La vicenda dimostra come anche nelle situazioni più difficili sia possibile far valere i propri diritti, offrendo un precedente significativo per chi, in condizioni simili, teme di esporsi.

Prospettive future nella lotta al lavoro nero

La sentenza del Tribunale del Lavoro di Taranto apre la strada ad altri casi simili, incentivando lavoratori e lavoratrici a denunciare situazioni di irregolarità. Il caso sarà oggetto di dibattito anche in ambito sindacale e istituzionale, in particolare in vista delle discussioni sulla riforma del lavoro nel Mezzogiorno.

La protagonista della vicenda, oggi madre, ha scelto di mantenere l’anonimato, ma la sua determinazione rappresenta una voce forte contro il lavoro nero e a favore dei diritti basilari di ogni lavoratore.

Lavoro nero: due decenni senza diritti in un panificio della Litoranea

La storia ha inizio nel 2001, quando la donna, allora ancora minorenne, ha cominciato a lavorare in un bar-panificio situato lungo la Litoranea Salentina. Per quasi vent’anni ha svolto mansioni continuative senza mai ricevere un contratto regolare, senza contributi, ferie o riposi. I ritmi erano estenuanti, spesso notturni e con carichi di lavoro che superavano ampiamente le 40 ore settimanali previste dai contratti collettivi.

Nonostante la speranza, mai sopita, di una regolarizzazione, la situazione è peggiorata nel tempo, in particolare nei mesi estivi, quando l’afflusso turistico intensificava i turni. Nel 2020, dopo anni di silenzi e soprusi, la lavoratrice ha deciso di denunciare, supportata legalmente dall’avvocato Andrea Cipriani del foro di Taranto.

La sentenza del Tribunale di Taranto: risarcimento e contributi INPS

Il Tribunale di Taranto ha accolto pienamente il ricorso presentato, riconoscendo non solo la responsabilità della titolare dell’attività, ma anche la necessità di coinvolgere l’INPS per il versamento dei contributi previdenziali non corrisposti.

La sentenza prevede un risarcimento complessivo superiore a 150mila euro, comprensivo di differenze retributive non percepite, versamenti contributivi e trattamento di fine rapporto. «Un risultato che rappresenta un segnale importante nella lotta al lavoro nero, ancora troppo diffuso nei piccoli centri della provincia», ha dichiarato il legale Cipriani.

Il pronunciamento assume particolare rilevanza simbolica, giungendo a pochi giorni dalla Festa dei Lavoratori, evidenziando l’importanza di azioni legali concrete contro pratiche occupazionali irregolari.

La vicenda dimostra come anche nelle situazioni più difficili sia possibile far valere i propri diritti, offrendo un precedente significativo per chi, in condizioni simili, teme di esporsi.

La sentenza del Tribunale del Lavoro di Taranto apre la strada ad altri casi simili, incentivando lavoratori e lavoratrici a denunciare situazioni di irregolarità. Il caso sarà oggetto di dibattito anche in ambito sindacale e istituzionale, in particolare in vista delle discussioni sulla riforma del lavoro nel Mezzogiorno.

La protagonista della vicenda, oggi madre, ha scelto di mantenere l’anonimato, ma la sua determinazione rappresenta una voce forte contro il lavoro nero e a favore dei diritti basilari di ogni lavoratore.

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