Prosegue la mobilitazione dei lavoratori ex ILVA e dell’indotto, che oggi hanno aderito a uno sciopero nazionale di quattro ore indetto dalle sigle CGIL, CISL e UIL. L’iniziativa, che coinvolge operai metalmeccanici, edili, addetti ai multiservizi, mense e lavoratori somministrati, nasce come risposta alle condizioni di degrado degli impianti e all’incertezza sul futuro dello stabilimento siderurgico di Taranto.
La parola chiave dello sciopero – “nazionalizzazione” – viene rilanciata con forza dalla CGIL di Taranto, che attraverso il suo segretario generale Giovanni D’Arcangelo ha espresso pieno sostegno alla protesta, sottolineando l’urgenza di un cambio di rotta per tutelare lavoratori, ambiente e salute pubblica.

Nazionalizzazione ex ILVA: la richiesta della CGIL si fa pressante
«Con i soldi spesi in questi anni avremmo già nazionalizzato e rilanciato l’impianto, come sosteniamo da sempre», ha dichiarato Giovanni D’Arcangelo, segretario generale della CGIL Taranto. La sua voce si unisce a quella dei lavoratori, sempre più preoccupati per un impianto che, secondo i sindacati, continua a rappresentare un pericolo ambientale e sanitario, oltre che una crisi occupazionale senza fine.
D’Arcangelo definisce l’attuale fase “una vera emergenza”, citando l’incidente avvenuto mercoledì scorso all’Altoforno 1 come «l’emblema di un lungo declino non più tollerabile». Per il sindacato, l’unica via percorribile è la nazionalizzazione dello stabilimento, accompagnata da un radicale processo di transizione ambientale.
Transizione ambientale e unità della comunità tarantina
Il sindacato richiama anche l’attenzione sulle tecnologie alternative, come l’utilizzo dei forni elettrici e degli impianti di preriduzione, che permetterebbero di avviare una decarbonizzazione concreta del sito industriale. «Non siamo più solo in una situazione urgente, siamo in emergenza – ha aggiunto D’Arcangelo – ed è inaccettabile assistere al conflitto istituzionale in corso, mentre la città continua a dividersi».
La CGIL chiede all’intera comunità di ritrovare compattezza, per sostenere un percorso condiviso verso una nuova sostenibilità economica e ambientale. L’appello è diretto anche al Governo, accusato di «colpevole ritardo» nel prendere una decisione definitiva sul futuro dello stabilimento e sull’assetto proprietario.
Attesa per risposte istituzionali
La giornata di sciopero del 21 maggio rappresenta solo un passo in una vertenza che, secondo la CGIL, è destinata a intensificarsi. Il sindacato non esclude nuove mobilitazioni nelle prossime settimane, qualora non dovessero arrivare risposte chiare da parte delle istituzioni centrali. La parola d’ordine resta la stessa: nazionalizzazione ex ILVA e unità della comunità tarantina per una nuova Taranto.