La decisione di Renexia di realizzare a Vasto, in Abruzzo, la nuova fabbrica di turbine eoliche rappresenta un duro colpo per Taranto. L’investimento da 500 milioni di euro, che avrebbe potuto garantire 1.500 posti di lavoro, sfuma così per la città ionica, ancora una volta esclusa da un progetto industriale di rilievo nazionale.
Lo stabilimento, inizialmente ipotizzato in partnership con il colosso cinese Magni Young Smart Energy, avrebbe potuto rilanciare il settore produttivo tarantino e offrire prospettive concrete di occupazione e sviluppo. Tuttavia, dopo mesi di trattative, la scelta è caduta sull’Abruzzo, dove Renexia ha individuato condizioni più favorevoli per l’insediamento industriale.
Renexia e la scelta dell’Abruzzo
Lo scorso agosto era stato firmato al Ministero delle Imprese un protocollo d’intesa che aveva incluso anche Taranto e Brindisi tra le opzioni considerate. Lo stesso direttore generale di Renexia, Riccardo Toto, aveva espresso valutazioni positive sul territorio pugliese. Alla fine, però, l’azienda ha optato per il terreno abruzzese, garantendosi agevolazioni logistiche ed economiche più competitive.
La decisione ha inevitabilmente suscitato amarezza in Puglia, dove sindacati e associazioni speravano nell’avvio di un polo industriale strategico per l’economia locale. «Si tratta dell’ennesima occasione persa per il rilancio dell’occupazione e dello sviluppo del territorio» ha commentato Pasquale Sasso, segretario generale di un importante sindacato dei trasporti.
Impatti occupazionali e prospettive future
Secondo i rappresentanti dei lavoratori, l’insediamento avrebbe potuto valorizzare il porto di Taranto e offrire nuove opportunità a molti ex dipendenti del settore siderurgico ancora in attesa di ricollocazione. Il progetto avrebbe potuto rappresentare un volano per l’intero indotto, con ricadute significative sull’occupazione.
Nonostante la delusione, Renexia conferma comunque il proprio interesse per il territorio pugliese. L’azienda partecipa infatti alla gara per l’ex Ilva, presentando un’offerta che prevede una centrale da 600 megawatt, tre forni elettrici e uno stabilimento di carpenteria.
Per Taranto resta l’amarezza di un’occasione mancata, ma anche la speranza che nuove iniziative possano in futuro rilanciare il tessuto industriale e garantire prospettive credibili ai lavoratori del territorio.